Herman Hesse
http://associazioneparteincausa.wordpress.com/2013/06/23/boccadoro-e-lo-specismo/
Boccadoro e lo specismo
____________________________
Louise Michel
anarchica e insegnante francese (1830-1905)
Al fondo della mia rivolta contro i potenti trovo,
più antico, il ricordo delle torture
inflitte alle bestie…..
e più l’uomo è feroce verso la bestia,
più è carponi davanti agli uomini che lo dominano.
________________________________
Slavoj Žižek
«Pensiamo al falso senso d’urgenza che pervade i discorsi umanitari sulla violenza della sinistra progressista. In essi astrazione e (pseudo)concretezza dei dettagli coesistono nella messa in scena della violenza: violenza contro le donne, i neri, i gay… “Ogni sei secondi una donna viene violentata nel nostro Paese” e “Nel tempo che ci vuole per leggere questo paragrafo, dieci bambini moriranno di fame” sono solo due esempi. Alla base di tutto ciò c’è un sentimento ipocrita di indignazione morale. […]
C’è un’avversione di fondo contro ogni analisi teorica in queste pressanti ingiunzioni. Non c’è tempo per riflettere: dobbiamo AGIRE ADESSO. Attraverso questo falso senso d’urgenza, i ricchi della società postindustriale, mentre vivono ben protetti nel loro mondo virtuale, non solo non negano o ignorano la dura realtà che sta al di fuori della loro area, ma vi fanno riferimento di continuo e con forza. […]
Un’analisi critica della situazione globale attuale – un’analisi che non offra soluzioni chiare, consigli “pratici” su che cosa fare, né la speranza di una luce alla fine del tunnel, in forza della consapevolezza che quella luce potrebbe appartenere a un treno che sta per schiantarsi su di noi – viene solitamente accolta con disapprovazione: “Vuoi dire che non dovremmo fare NIENTE? Che dovremmo starcene seduti e aspettare?” A questa obiezione bisognerebbe avere il coraggio di rispondere: “Sì, proprio così”.
Slavoj Žižek, La violenza invisibile, Rizzoli, Milano 2007, pp. 12-13
__________________________________
Lynn Townsend White, Jr. (1907–1987)
prendere in esame il più grande radicale della storia cristiana dopo Cristo:
San Francesco d’Assisi. […]
con lui la formica non è più soltanto un’omelia per il pigro,
le fiamme un segno dell’empito dell’anima all’unione con Dio:
ora sono sorella Formica e fratello Fuoco […]
[Francesco] cercò di sostituire con l’idea dell’uguaglianza di tutte le creature,
incluso l’uomo, l’idea della superiorità assoluta dell’uomo sul creato.
continueremo ad avere una crisi ecologica che peggiorerà finché non rigettiamo l’assioma cristiano che la natura non ha ragione di esistere salvo che per servire l’uomo.
1967
Lynn White, Le radici storico-culturali della nostra crisi ecologica, Il Mulino 1973, n. 2, p. 263
cit. di Catherine Bearfield, in Manuale di etica ambientale a cura di P. Donatelli, Le Lettere, Firenze 2012, p. 193
_________________________________________
Paul K. Feyerabend
«Uno spirito umanitario occidentale è subito pronto a maltrattare gli animali, al fine di trovare rimedi terapeutici per se stesso, mentre una persona che rispetti tutto il regno della natura nega che gli esseri umani abbiano il diritto di sottomettere le altre specie ai suoi capricci, anche qualora ciò vada a suo detrimento.»
Paul K. Feyerabend, Structure and Developement of Science, 1979, trad. it. in Dialogo sul metodo, Laterza Bari 2007, p. 46
__________________________________________
Marco Maurizi
La genesi dell’ideologia specista
http://www.liberazioni.org/articoli/MauriziM-04.htm#nota2
________________________________________
Note sul tempo presente
di Annamaria Manzoni
su Edmondo Marcucci
http://asinusnovus.wordpress.com/2012/11/20/note-sul-tempo-presente/
_____________________________
Pino Caruso
_________________________
Anna Maria Ortese
Da Corpo celeste, Adelphi, Milano 1997
Corsivi dell’Autrice
So questo. Che la terra è un corpo celeste, che la vita che vi si espande da tempi immemorabili è prima dell’uomo, prima ancora della cultura, e chiede di continuare a essere, e a essere amata, come l’uomo chiede di continuare a essere accettato, anche se non immediatamente capito e soprattutto non utile. Tutto è uomo. Io sono dalla parte di quanti credono nell’assoluta santità di un albero e di una bestia, nel diritto dell’albero, della bestia, di vivere serenamente, rispettati tutto il loro tempo. Sono dalla parte della voce increata che si libera in ogni essere – al di là di tutte le barriere – e sono per il rispetto e l’amore che si deve loro.
C’è un mondo vecchio, fondato sullo sfruttamento della natura madre, sul disordine della natura umana, sulla certezza che di sacro non vi sia nulla. Io rispondo che tutto è divino e intoccabile: e più sacri di ogni cosa sono le sorgenti, le nubi, i boschi e i loro piccoli abitanti. E l’uomo non può trasformare questo splendore in scatolame e merce, ma deve vivere e essere felice con altri sistemi, d’intelligenza e di pace, accanto a queste forze celesti. Pag. 52 (1980)
Quando la pace e il diritto non saranno solo per una parte dei viventi, e non vorranno dire solo la felicità e il diritto di una perte, e il consumo spietato di tutto il resto, solo allora, quando anche la pace del fiume e dell’uccello sarà possibile saranno possibili, facili come un sorriso, anche la pace e la vera sicurezza dell’uomo. Pag. 53 (1980)
[…] chi sottomette con durezza, o mercifica, o tormenta comunque la Natura, nei suoi figli che dormono, o la guarda senza pietà o fraternità, è ancora e sempre il temibile uomo-nature, uomo-pietra, l’uomo appunto, che dorme. Pag. 102-103 (1974)
Quando anche l’ultima libertà della terra e dei suoi figli meno forti potrà essere comprata – com’è effettivamente comprata e ridotta a un’agonia, e distrutta -, allora il concetto di libertà che ne esce è deturpato e sconvolto. Non è più un respiro; non è di tutti! È del più forte e il più bruto. Diciamo che è una tirannia. Pag. 119 (1984)
Quando un uomo – o un gruppo – solo perché ha denaro compra (col nulla) un’isola, una montagna, uno spazio, compra delle merci (lavoro) e delle armi (per vincere un paese che vuole sottomettere); oppure compra animali (sangue) e terra per allevarli, al solo fine di mercificare quegli animali e quel sangue – e nel farlo usa un potere senza più limite, il proprio potere decisionale sulle opere e le imprese degli uomini che lavorano – allora quest’intervento opera nella vita umana e terrestre un sovvertimento spaventoso. Noi non ce ne accorgiamo, normalmente; la cosa accade nella notte della coscienza e nella docile rassegnazione, nel sempre più rapido ottundimento dei sensi. Siamo frastornati e assediati dalle musiche (musiche del Nulla), non vediamo la tirannia del Nulla. Il denaro ha oggi mutuato ogni lavoro, ogni opera; il suo marchio è sulla fronte e nel cuore di tutti. Pag. 120-121 (1984)
Ho visto piccole tartarughe (una, una volta, mai dimenticata, in un paese ligure), piccole tartarughe non più grandi di una viola, che, chiamate, si voltavano e alzavano i loro occhi, quasi impercettibili e tristi nella piccola faccia, su, fino alla «grandezza» e «terribilità» umana. Così ho avuto tremore e terrore di essere l’umano, di appartenere a questa specie che giudica senza misericordia, che è superba e regolarmente (sebbene ciò sfugga) infame. Pag. 124 (1984)
Penso alle mucche, ai vitelli, al toro; capre e pecore e perfino (il mio linguaggio resta banale) all’umile maiale, come rappresentazioni celesti: mansuete, dolorose sempre, benevole sempre, magnifiche. Non vedo perché l’uomo debba pensare che gli appartengono, che sono suoi propri, che può distruggerli, usarli. Concetto tra i più barbari e nefasti, da cui procede tutta la immedicabile violenza umana, l’essere micidiale della storia, la cui meta sembra solo l’accrescimento di sé, tramite il possesso e la distruzione dell’altro da sé. Pag. 124-125 (1984)
Più uccidiamo e più siamo uccisi. Più degradiamo e più siamo degradati. Pag. 125 (1984)
È l’uomo che va ridimensionato, non la Terra. E quando dico «uomo», mi riferisco essenzialmente alla sua vecchia cultura, cultura d’arroganza, che lo ha posto al centro dei sistemi, padrone e torturatore, corruttore e venditore di ogni anima della Vita. Pag. 125 (1984)
Si dimentica che non esiste un Momento senza tutti gli altri Momenti, un corpo senza tutti gli altri corpi – compresi la Tigre e l’Uccello -, compreso il corpo celeste della terra. Manchiamo dunque di memoria storica, ma più ancora manchiamo di memoria biologica. Pag. 127 (1984)
Ostacolo, oggi, è il piccolo per la donna, il vecchio per la famiglia, il povero (il non avente) per la società economica, lo straniero per la società «salva» e infine la Bestia (la santa Bestia, dovrei dire, perché ultima immagine della Legge Creatrice) per la Società umana. Tutte queste figure – noi lo vediamo, la cosa accade sotto i nostri occhi – sono sempre più respinte indietro, indietro, fino all’annullamento, e, prima, la dissacrazione, il disprezzo finale. La Terra va diventando una fossa atroce per i deboli, i non aventi diritti. E abbiamo torto a identificare questa idea (di rifiuto di una legge per tutti, di una libertà per tutti, di rifiuto di una libertà come respiro di tutti), a identificarla col vecchio nazismo. No, il nazismo – e il suo fiore malato, il culto della razza – è oggi un altro, ed è universale, e in qualche modo, perché universale, invisibile. È la concezione della vita come privilegio della razza economica, delle umanità come summa del valore economico, del valore economico come unica carta d’identità. Senza valore economico non vi è identità, né quindi riconoscimento, né quindi esenzione dal dominio e lo strazio esercitati dai forti sui deboli. Pag. 128-129 (1984)
Il male è prima di tutto il dolore che infliggiamo a un altro – all’altro bestia, bambino, vecchio, malato, straniero, povero -, sicuri che debba e possa accettarlo solo perché noi possiamo, tramite il suo dolore, sentirci più liberi, più viventi, felici e sicuri della nostra vita. Cito, di passaggio, solo la ricerca farmaceutica, gli allevamenti, e infine la decisione di espianto di organi umani, soprattutto negli ospedali, senza bisogno di consenso, quando in cliniche a pagamento si presenta indispensabile. […] Cinquant’anni fa sarebbe stata citata come una turpitudine nazista. Ma il tempo è passato. E cosa vuol dire nazismo – il disprezzo totale del Respiro dell’altro – lo abbiamo dimenticato. Pag. 129-130 (1984)
Una religione, o una rivoluzione, che non abbia per obiettivo la lotta contro tutto il dolore terrestre, e come fine una totale diminuzione, un ridimensionamento dell’uomo come padrone e arbitro del terrestre, lascerà continuamente, dietro di sé, il dolore
e l’infamia che trova, anzi peggiorati. Pag. 131 (1984)
Mi piace molto il San Gerolamo che, nella sua cella piena di libri, toglie la spina dalla zampa del leone. È un’opera strana per i suoi tempi, e rispetto alla dura Teologia cattolica. Pag. 132 (1984)
Un’osservazione di Thornton Wilder, sull’Amore: «Molti che hanno passato la vita nell’amore, lo conoscono meno del bambino che ha perduto ieri il suo cane». Pag. 132 (1984)
L’umanità, in sostanza, conosce solo piccole ragioni e piccolissime libertà, delle alte e immense non sospetta neppure. E solo queste illuminerebbero e definirebbero le piccole ragioni e le altrettanto piccole e oscure aspirazioni alla libertà. Perché tre o quattro miliardi di piccole ragioni e di piccoli impulsi alla libertà, posti cos, senza luce, alla guida della vita, del suo fluire già irragionevole, sono tanti: è che sono mediocrità, interessi, opportunismo. Si vorrebbe, in mezzo agli uomini, qualche grande e indubitabile ragione, che non fosse soltanto interesse o tornaconto, faccenda del particolare (l’individuo), ma un po’ di tutti; e sorattutto non ingannasse, e non mettesse, per conquistarlo a circuirlo, l’uomo al centro della vita. Secondo una valutazione non tanto approssimativa, l’era tolemaica è finita. Ma non per religioni e ideologie. Queste mettono ancora l’uomo al centro dell’essere.
E non è così?
Forse non è più così. Voglio dire che la specie umana, sebbene spegie e famiglia-guida, e in modo anche molto clamoroso, non è detto che sia – per così dire – la migliore: la più affidabile e gradevole. Generalmente, anzi, non lo è. Un fenomeno particolare distingue l’uomo, come specie,, e non potrei considerarlo rassicurante: lo sviluppo senza motivazioni – di difesa, ecc. -, lo sviluppo fine a se stesso, quasi incontrollabile, della intelligenza. Da qualche tempo, questa intelligenza non è più legata alle ragioni della vita, direi che è indipendente da essa e indifferente del tutto alla vita e alla sua conservazione. Apparirebbe perfino, a momenti, che un meccanismo introdotto inizialmente nell’uomo per sbarrare il passo a una sua illimitata sopravvivenza. Sì, l’intelligenza non è la ragione, è qualcosa di diverso, e che si va sempre più dimostrando ostile alla ragione. In questo senso, si può anche intendere il vago orrore che, a un certo punto, ispirano tutte le forme, ormai innaturali, d’intelligenza, addette all’infinito sviluppo e all’incontenibile proliferare di scienza e tecnica. C’è un proliferare di tutto: dei mezzi per aiutare la vita come dei mezzi per abbatterla e distruggerla definitivamente. […] Vediamo questa intelligenza – per chiamarla ancora così – minare, sotto gli occhi di tutti, i campi della vita. vediamo saltare di continuo ogni cosa creata dalla natura e dall’uomo, e avvertiamo l’estraneità di questa intelligenza alla vita. Pag. 135-137 (1989)
Al diavolo l’Eden, sembra aver detto la celebre Coppia: sapere e dominare è tutto. È il mondo, come lo vediamo oggi, e soprattutto il suo orizzonte, e poi l’odore di bruciato e di carneficina che sale dovunque, dicono che il progetto si è realizzato, l’Eden è abbattuto, l’albero del bene e del male, e l’albero della vita, saccheggiati, si piegano come anime in pena flagellate da una bufera infinita. Questo è stato, dopotutto, il compito della intelligenza, che pure, nella gioventù del mondo, si presentava ornata di infinite attrattive e promesse. La Bibbia, quindi, o è memoria (di una storia che sfugge alla più ardita immaginazione), o è presagio: di ciò che doveva accadere, ed è accaduto. Pag. 139 (1989)
Che si trattasse di dominare la natura con il lavoro o con l’intelligenza, per me non cambiava il dolore della dominazione – intendo dominazione della natura. Non volevo vedere l’uomo – lavoro o intelligenza – al centro della vita. Non volevo il suo predominio, la sua centralità nell’essere. Pag. 147 (1989)